Perchè la Scozia non è il Veneto

Pubblicato sull’Huffington Post – 17 settembre 2014

C’è un argomento che colpisce particolarmente nel dibattito sull’indipendenza della Scozia. È l’idea che una volta separati dal Regno Unito gli Scozzesi possano creare una nazione più “giusta” e meno diseguale. Il partito nazionalista scozzese (SNP) e il responsabile della campagna per l’indipendenza “Yes Scotland” continuano da mesi a ripeterlo come un mantra: “Se trasferiamo poteri decisionali da Westminster alla Scozia – si legge nel White Paper pubblicato dall’SNP – possiamo ridurre la distanza fra ricchi e poveri. Possiamo creare un paese più prospero perché sappiamo che i paesi di successo sono più eguali e coesi”.

Credo che molto raramente (forse mai) si sia sentito un simile argomento nei tanti dibattiti sulla separazione del Nord dal resto d’Italia. Certo, i contesti sono profondamente diversi. Il Regno Unito ha visto crescere negli anni la distanza fra ricchi e poveri ed è tuttora fra i paesi più diseguali in termini di distribuzione del reddito secondo le statistiche dell’Ocse. L’Italia tuttavia non è da meno: fra gli effetti spesso negati della cosiddetta crisi vi è proprio l’aumento della dispersione del reddito, con un numero sempre maggiore di persone che scendono sotto la soglia di povertà, mentre pochi ricchi controllano una quota crescente di risorse.

Eppure di diseguaglianza non si parla, e men che meno nei comizi per la secessione della Padania o durante l’ultimo exploit del referendum per l’indipendenza del Veneto. Forse sarà anche per questa particolare vocazione socialdemocratica dell’indipendentismo scozzese che la Lega sembra non curarsi particolarmente delle vicende di Edimburgo. D’altronde, sarebbe parecchio strano vedere Salvini al fianco di un movimento che è sostenuto apertamente non solo dall’SNP e dal partito verde scozzese, ma anche dal Partito Socialista Scozzese. Come scrive Ilvo Diamanti, “Salvini non è mai stato un secessionista. Per la Lega l’indipendenza è più una variante del regionalismo che un’aspirazione ideologica, si tratta di un argomento utilizzato a fini elettorali”.

Immigrazione a parte, a fare da padrone nei dibattiti nostrani sulla separazione del Nord è sempre la questione economica, il riprendersi le tasse versate “immeritatamente” a uno stato centrale. Un tema certamente centrale anche in Scozia, così come nel movimento per l’indipendenza catalano. In Catalogna tutti i partiti si trovano concordi nel non voler delegare a Madrid la gestione delle risorse della regione più ricca della Spagna. È sul come distribuire queste risorse invece (se a favore o meno di un maggiore stato sociale) che si insinuano le differenze fra le diverse visioni politiche.

Rispetto alle vicende non solo di casa nostra, insomma, la Scozia sembra un caso sui generis. Molto probabilmente se non avessero scoperto nuovi giacimenti petroliferi al largo di Aberdeen (senza il movente economico, insomma) il movimento indipendentista sarebbe esploso in una bolla. Eppure, sostenere che un maggior controllo delle proprie risorse possa andare a beneficio di una società più giusta e più equa è tutt’altro che scontato, soprattutto nell’attuale contesto politico. Sarà l’esito dello storico voto di domani a rivelare se tutto ciò è solamente propaganda elettorale, oppure se un piccolo stato indipendente può essere in grado di ridurre davvero le disuguaglianze di reddito.

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